venerdì 23 maggio 2014

Parliamo un po di anti aging

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Visto che il master Antiaging Advisor  della AFFWA sta per concludersi voglio parlarvi un po' del processo Aging , estrapolando le notizie più interessanti dal mondo Anti Aging  voglio circumnavigare la vostra mente affinché prendiate coscienza dell'importanza rappresentata dalle metodiche di prevenzione per rallentare i processi fisiologici legati all'invecchiamento.

PRIMA PARTE:

ANTIAGING

Nel XVIII secolo Lamarck differenziò due tipi di mortalità: morte accidentale (malattie,
predazione ed incidenti) vs morte naturale (invecchiamento), postulando
che l’invecchiamento sia dovuto a cause intrinseche. Un avanzamento nella comprensione
dell’invecchiamento venne un secolo più tardi quando Weismann ipotizzò
che l’attività cellulare normale è dannosa per l’organismo e porta alla sua distruzione
sia direttamente che indirettamente (aumentata suscettibilità alla morte
accidentale).
Negli ultimi decenni l’allungamento della vita media e della sua durata massima,
l’elevata prevalenza di soggetti anziani nella popolazione generale, specialmente
nei paesi sviluppati, e l’incremento della spesa sanitaria e sociale ascrivibile alla
cura ed all’assistenza degli anziani hanno stimolato, sia nei ricercatori dell’area
economico-sociale che in quelli dell’area biomedica, un particolare interesse nello
studio dei processi dell’invecchiamento, da qui la nuova medicina Anti aging.
Basandosi sull’evidenza che molti meccanismi possono interagire simultaneamente
operando a diversi livelli di organizzazione funzionale, la visione dell’invecchiamento
come processo multifattoriale complesso ha sostituito le precedenti
teorie “monofattoriali” che vedevano una singola causa come responsabile di tale
fenomeno.
La definizione di invecchiamento di per sé è aperta a varie interpretazioni, sebbene possa essere
condivisa la raffigurazione di tale processo come lasomma di tutti i cambiamenti fisiologici, genetici e
molecolari che si verificano con il passar del tempo, dalla fertilizzazione alla morte.
L’invecchiamento è, dunque, caratterizzato da un complesso di mutamenti
che aumentano il rischio di malattia e di morte. Una recente definizione amplia ancor di
più tale concetto riconoscendo l’invecchiamento come una trasformazione che coinvolge l’organismo
in ogni tempo, riferendosi non solo a cambiamenti associati alla perdita (ossia alla senescenza,
che è la definizione più comunemente accettata per invecchiamento), ma anche all’acquisizione di
funzioni (crescita e sviluppo). Usando tale definizione, la velocità di invecchiamento sarebbe sinonimo
di velocità di cambiamento. Infatti la velocità di cambiamento/invecchiamento è massima durante
il periodo fetale, quando l’organismo si sviluppa da singola cellula (all’atto del concepimento) a
complesso organismo multicellulare alla nascita. Pertanto, l’invecchiamento fetale sarebbe determinato
da fattori che regolano la rapidità di mitogenesi, differenziazione e morte cellulare e che sono
responsabili della regolazione dell’invecchiamento durante tutto l’arco della vita.
Sul piano teorico i meccanismi di base sono quelli relativi alla teoria dell’invecchiamento programmato
(secondo cui la durata della vita dipenderebbe da geni che sequenzialmente inviano e bloccano
segnali ai sistemi nervoso, endocrino ed immune) ed alla teoria dell’errore (in cui gli insulti ambientali
sarebbero responsabili del danno progressivo a vari livelli degli organismi viventi). Negli organismi
multicellulari complessi (dove i singoli meccanismi possono sovrapporsi a vari livelli di organizzazione)
lo studio delle interazioni tra cause intrinseche (genetiche), estrinseche (ambientali) e
stocastiche (danno casuale di molecole) permette un più corretto approccio per la comprensione del
processo dell’invecchiamento.
Le modificazioni nell’espressione genica indotte dall’invecchiamento sono alla base della teoria della
regolazione genica della senescenza. Tuttavia,sebbene sia chiaro che molti geni vanno incontro a
modificazioni dell’espressione con l’età, è improbabile che la selezione naturale possa agire su
geni che promuovano direttamente la senescenza influenzando, piuttosto, la selezione di geni che
promuovono la longevità.
Recenti osservazioni, che hanno rilevato come ad età molto avanzate la variabilità genetica declini,
contraddicono la teoria della regolazione genica in cui i modelli genetici d’invecchiamento predicono
un incremento della variabilità genetica con l’età.
Per meglio definire quali siano i cambiamenti che si verificano con l’invecchiamento, in molti modelli
animali, è stata utilizzata la metodica di micro-array del DNA, che con un’analisi a livello genico
ha permesso di comporre un’impronta digitale trascrizionale dell’invecchiamento “normale”, e
di confrontare tali dati con quelli di condizioni che rallentano o accelerano l’invecchiamento, permettendo
l’identificazione di cambiamenti nell’espressione genica associati al processo d’invecchiamento.
In tal senso, una delle evidenze più interessanti è stata l’identificazione di una via di trasmissione
del segnale Insulin-like, che regola la durata di vita di vermi, moscerini e topi. La durata
di vita di tali specie è il risultato dell’attivazione di un fattore trascrizionale, in risposta alla riduzione
del segnale Insulin-like, indicando che tale attivazione genica può regolare la durata di vita di alcuni
organismi.
Il coinvolgimento di ormoni ad azione simile all’insulina suggerisce che la plasticità (ossia la capacità
di modificare la propria funzione in relazione alla domanda) nella durata di vita possa essere dovuta
a variazioni nel tempo di rilascio di ormoni che controllano la vita e la morte, così come variazioni
nella risposta a tali ormoni.
Anche nell’uomo studi su centenari e loro parenti hanno permesso di identificare un coinvolgimento
genetico nella longevità. In uno studio sui centenari è stato visto che la longevità sarebbe l’effetto
di fattori genetici, piuttosto che ambientali o socioeconomici.
La teoria evoluzionistica ipotizza che l’invecchiamento sia dovuto ad una riduzione delle capacità
di selezione naturale. Poiché l’evoluzione agisce in modo da ottimizzare le capacità riproduttive di una
specie, la longevità è un tratto genetico che dovrebbe essere selezionato solo se è a beneficio della
riproduzione. Pertanto, la durata della vita sarebbe il risultato di pressioni selettive finalizzate
all’incremento delle capacità riproduttive con un ampio grado di flessibilità inter- ed intra-specie.
La teoria dell’accumulo
delle mutazioni dell’invecchiamento, suggerisce che mutazioni dannose, agenti
tardivamente, possano accumularsi nella popolazione ed alla fine portare a malattia e senescenza.
Ad oggi vi sono limitate evidenze sperimentali che supportano tale teoria.
Nell’ambito della teoria evoluzionistica si è sviluppata
la teoria dell’invecchiamento dei corpi eliminabili, secondo la quale l’organismo vive solo
per il successo riproduttivo, raggiunto il quale è eliminabile.
Recentemente sono stati identificati vari geni le cui modificazioni condizionano la durata di vita di
alcuni animali, la maggior parte dei quali sono correlati al metabolismo energetico (specialmente
l’insulina, l’IGF-1 ed i loro recettori). Inoltre, è stato dimostrato che vi è una modificazione delle vie
metaboliche durante l’invecchiamento, il cui risultato finale è un potenziamento delle vie di immagazzinamento
e riduzione delle vie di utilizzo dell’energia.
Tali rilievi suggeriscono che l’invecchiamento è una strategia designata dalla selezione naturale
al risparmio energetico, in accordo ad altre strategie volte in tal senso. In tal modo l’energia
non utilizzata può essere dedicata alla progenie per migliorare la sua sopravvivenza pre-riproduttiva.
Comunque, la teoria dei corpi eliminabili chiarisce perché si vive per un periodo di tempo, ma non
spiega la causa specifica dell’invecchiamento. Al contrario la teoria dell’antagonismo pleiotropico
suggerisce che alcuni geni possano essere selezionati per effetti benefici nella prima parte della vita
e poi avere effetti deleteri indesiderati con l’invecchiamento, contribuendo, pertanto, direttamente
alla senescenza.
I pipistrelli sono un ottimo esempio della teoria evoluzionistica dell’invecchiamento, poiché la loro
longevità estrema è predetta dalla loro capacità di volare e, in alcune specie, di ibernarsi. Essi mostrano
anche alternanza tra longevità e riproduzione, come predetto dalla teoria dei corpi eliminabili
dell’invecchiamento. Infatti, organismi ad alta mortalità beneficiano di un’elevata e rapida capacità
riproduttiva, mentre organismi caratterizzati da una bassa mortalità investono nel mantenimento
somatico ed estendono la capacità riproduttiva in una più lunga durata di vita. Tra i pipistrelli
la longevità è minore in specie con alta frequenza riproduttiva e precoce maturazione sessuale.
La teoria dei Radicali liberi RL  dell’invecchiamento fu propostaper la prima volta nel 1957 e si basa
sull’evidenza che tutti gli organismi vivono in un ambiente contenente ROS: la respirazione mitocondriale,
la base della produzione d’energia in tutti gli eucarioti, genera ROS per fuoriuscita di intermedi
dalla catena di trasporto degli elettroni. La natura universaledei RL ossidati è sottolineata anche dalla
presenza di Superossido Dismutasi (SOD), un enzima presente in tutti gli organismi aerobi, che deossida
esclusivamente anioni superossidi. La teoria dei RL ipotizza che la reattività dei RL non è ereditaria
ma è il risultato di un danno cumulativo correlato al tempo. Il danno ossidativo cellulare è indiscriminato,
come dimostra l’evidenza di modificazioni in senso ossidativo di molecole di DNA,
proteine e lipidi, con elevati livelli di ossidazione sia di DNA che di proteine ad ogni livello
di complessità dell’organismo invecchiato.

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